sant andrea di conzaSant'Andrea Di Conza
SANT'ANDREA DI CONZA
Sant'Andrea di Conza 20 Giugno 2020. 

Rivive dopo secoli il Ghetto ebraico della Cittadella

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Andrea Ricciardiello

Era il 25 gennaio del 1494 quando, a 70 anni, morì il Re Ferdinando D’Aragona, dopo avere regnato per 35 anni il regno di Napoli. Con lui caddero tutte le speranze di un popolo che per anni, fu un loro lungimirante difensore che, oltre a riempirli di privilegi, fu anche un precursore di quella magnanimità che ritroveremo solo tre secoli più tardi all’alba della rivoluzione francese: gli Ebrei. Infatti, così come avvenne in gran parte del Regno di Napoli, e in Alta Irpinia, dove nel ‘600 fiorenti centri commerciali e industriali ospitavano piccole comunità ebraiche: Atripalda, Avellino, Ariano, Tufo, Vallata, Conza, l‘attuale Sant’Andrea, che subirono, subito dopo la morte del re D’Aragona, dopo un periodo di pace apparente, tra alti e bassi, espulsioni, espropri, aggressioni, saccheggi, e migliaia di condanne a morte che causarono la quasi scomparsa della loro presenza, fino a perderne completamente le loro tracce. Tracce che, grazie a studiosi, ricercatori come F. Barra, O. Dito, N. Ferorelli, V. Giura, A. Silvestri, A. Milano, C. Colafemmina, sono venute alla luce, dopo anni di ricerche, mettendoci di fronte a un quadro storico e sociale inimmaginabile: l’ebraismo non è mai morto del tutto, ma si è solo amalgamato, ma forse è meglio dire che  la società si e amalgamata a esso. La prima testimonianza della loro presenza, nel comprensorio irpino, la dobbiamo a Procopio, dove, nel De bello gotico, gli Israeliti combatterono in prima linea affianco ai Goti, fino al 555 d.C., quando furono sconfitti definitivamente a Conza, loro fortezza, dalle truppe imperiali di Narsete, e per questo costretti a fuggire, ma per poi ritornare sul territorio più tardi.

Con l’arrivo dei Normanni e degli Svevi, le fortune degli Ebrei moltiplicarono: nel racconto di viaggio di Beniamino di Tudela (1165) nell’Italia meridionale, spiccano qui in questo periodo i nomi di Ezechia, Salom, Elia, Isaac, e Jonathan. Quest’ultimo, è menzionato come Conte di Conza sul documento del 1161, che dona la Chiesa di Sant’Andrea e il territorio circostante alla Chiesa di Santa Maria dell’Episcopato di Conza. Il duecento fu, più in generale, testimone dell’aumento di nuclei ebraici locali, nonché la presenza di ricchi commercianti, tintori, molinari e banchieri. Settori questi, in special modo l’usura, che  fino alla metà del ‘200 era un  loro esclusivo monopolio, visto che ai cristiani era vietato fare prestiti. A tal proposito, Ruggiero di Balvano, Conte di Conza e Sant’Angelo dei Lombardi, infatti, su una pergamena nr. 1065 dell’Archivio di Montevergine, nel dicemre 1199 effettuò un prestito al monastero di Montevergine per finanziare una crociata. Con l’affermarsi degli Angioini nel 1294, nel Regno, numerosi Ebrei si convertirono al cristianesimo in cambio di esenzioni fiscali. Dal 1276, però incominciarono le prime vessazioni nei loro confronti, attraverso le imposizioni di nuove imposte o decreti di espulsioni, che avvennero in tutto il regno (1288), ma che si allentarono in seguito sotto il  re Roberto, Giovanna I, Ladislao e Giovanna II, e ancor di più sotto agli Aragonesi:  Ferrante I, Alfonso I e Ferdinado I, dove il Regno di Napoli, a partire dalla metà del XV secolo, fu uno dei più ospitali e favorevoli per gli Ebrei. Tra le varie concessioni, estese a tutti gli Ebrei, cito la cittadinanza, mentre in campo giuridico dal 1456 era attiva la Regia Camera della Sommaria, con a capo un luogotenente: il “Bajulo generale e giudice ordinario”, unico ufficio autorizzato a stringere accordi validi con gli Ebrei e giudicarne le cause civili e criminali: esso sottraeva, di fatto, i gruppi ebraici dalla giurisdizione e dalle pretese fiscali dei vescovi, e inoltre esercitava la sua giurisdizione sulle giudecche, e sulle università ebraiche, sia ricevendo reclami di ogni genere o direttamente dagli interessati, o indirettamente pel tramite del re, inoltre le decisioni erano inappellabili.  Infatti, come in altre località del Regno esistevano università ebraiche con propri ministri del culto, e propri ufficiali e una specifica organizzazione. Al suo interno vi erano, naturalmente, i sacerdoti e i rabbini, mentre la vita civile era regolata da procuratori, sindaci e proti, che sotto gli Aragonesi, potevano autonomamente eleggerli direttamente. I proti, nel numero di due o tre, scelti tra maggiorenti, erano designati a controllare il rispetto delle leggi, conservare gli atti pubblici e impedire ingerenze esterne nelle questioni interne alla giudecca. Vi era poi il gruppo dei deputati che, come il nome suggerisce, erano incaricati di specifici compiti, e quello dei tesorieri, ai quali spettava di conservare le somme raccolte per le tasse e consegnarle. Esistevano poi figure di “collegamento”, per così dire, tra il nucleo ebraico e le autorità civili cristiane: erano i sindaci o procuratori, ai quali faceva capo la provincia per essere rappresentata, ad esempio, sul piano della tassazione. Essi, infatti non solo vigilavano sui deputati taxaturi, ma si incaricavano di ricevere dalla Regia Camera gli ordini di pagamento e di trasmetterli ai tesorieri, facendo fronte personalmente ad eventuali ammanchi di denaro dando voce a qualsivoglia tipo di reclamo. Su un documento del 1490, proprio su quanto detto pocanzi, davanti a un giudice e a un notaio regio, sindaci procuratori, e nunzi speciali dell’Università e degli uomini del Casale di Sant’Andrea di Conza mostrarono il documento del transunto della donazione del 1161 del Conte Jonathan, sopra menzionato, per difendere e convalidare i propri privilegi concessi secondo la donazione fatta a favore del Casale e dei suoi abitanti. Infatti, come risulta dal documento, chiunque risiedesse in questo territorio era esentato dal pagamento delle tasse, potevano conservare liberamente e perennemente il possesso dei loro beni, e sarebbero stati giudicati per i loro misfatti dal Capitolo vescovile. Con l’editto di espulsione dalla Spagna del 1492, il Regno di Napoli fu invaso dagli Ebrei provenienti dalla Penisola Iberica, dalla Sardegna e dalla Sicilia, che provocò alcuni disordini verso gli “antichi” Ebrei. Per tale situazione, a seguito della morte di Ferdinando I, la loro vita nel Regno iniziò a peggiorare, in modo drastico. Infatti, già nel 1494 si erano già registrati i primi attacchi a mezzo sassaiole e la messa in atto di varie forme di molestia da parte della popolazione: minacce, saccheggi, e con l’arrivo di Carlo VIII la follia prese il sopravvento.  A Conza, così come in altri centri del Regno, come Diano, Sarno, Nola, << tucti li iudei de quisto regno sono stati sacchizzati et ad ciascuno è noto>>. Un importante documento di archivio (ASNa, Somm, Part. 38, f. 120), riferito a questo periodo, fu trovato anni addietro  e datato il 26 ottobre 1494, in cui la Sommaria ordinò al capitano di Conza, l’attuale Sant’Andrea, di osservare nella sua città i privilegi concessi dal re ai Giudei  del regno. La Sommaria accolse il ricorso, ordinò l’osservanza dei privilegi e vietò che ai Giudei fossero arrecati fastidi o molestie. Nonostante l’intervento dei capitani nel far rispettare gli antichi privilegi, le manifestazioni d’intolleranza non si fermarono. Infatti, Ferdinando II, che successe al padre, Alfonso II, fu minacciato dalla popolazione di volere saccheggiare i beni degli Ebrei, se non li espelleva, non fosse stabilito un luogo di raccolta per i pochi rimasti, il ripristino del segno distintivo dei berretti gialli, o che fossero aboliti il giudice competente, il tribunale speciale e il diritto dei cristiani di prelazione sull’acquisto dei loro beni  immobili. Il re, per calmare gli animi, accolse solo le ultime due istanze, ma  ciò non impedì le aggressioni ed i saccheggi agli inizi del 1495, che furono sedati qualche mese dopo, ma ripresi nuovamente l’anno successivo subito dopo che Ferdinando I riconfermò i passati privilegi. Le cose nei decenni successivi non cambiarono di molto e si susseguirono momenti di pace a quelli di vera oppressione, fino a quando nel 1541 la Spagna decretò il bando di espulsione definitivo e da allora la presenza ebraica nell’Italia Meridionale si fece più sporadica, mentre chi erano riusciti a restare, si convertirono, abiurando l’ebraismo, e chi si rifiutava veniva giustiziato, mentre nel 1572 una Prammatica stabilì che essi portassero  il segno distintivo costituito da un berretto giallo. Nel 1560 il nuovo arcivescovo di Conza Fra Girolamo Muzzarelli, frate Domenicano, uno dei peggiori uomini al servizio della Santa Inquisizione, insistette a tal punto che fece revocare presso la Regia Camera tutti i privilegi ottenuti  loro in passato e come da bolla di Papa Paolo IV, forse, fu lui che, tutti gli Ebrei, li forzò a farli vivere nel Ghetto, individuato nel rione

 

Cittadella a Sant’Andrea. Qui, infatti, in un documento del 1582 risulta che l’Arcivescovo di Conza Pescara concedeva << in Juspatronato all’Università la Venerabile Chiesa di Santo Andrea Apostolo eretta dentro le mura della Terra suddetta nel luogo dove propriamente si dice la Cittadella per essere stata fundata, edificata e dotata detta Chiesa da essa Università e cittadini>>. Forse Sant’Andrea ha origini ebraiche? Con la fine della dominazione spagnola, l’avvento dei Borbone e l’allentamento della Santa Inquisizione, che aveva provocato fino ad allora centinaia di migliaia di morti, sembrò che la situazione dovesse cambiare notevolmente a tal punto che, nel 1740, ci fu un nuovo proclama che dava molte libertà agli Ebrei, così che ritornarono in massa, ma che furono costrette di nuovo a fuggire grazie a scoppi di violenza attuati nei loro confronti attizzate da proclami antiebraici da parte del clero cristiano. Solo nella prima metà dell’ottocento, alcuni Israeliti erano di nuovo attestati come residenti in alcuni grossi centri in Campania, mentre la loro presenza era totalmente scomparsa nei piccoli centri. Infatti, nomi e cognomi di famiglie ebraiche, ritrovati a Sant’Andrea, su documenti del ‘500, come Jacopo, Abele, Core, Zoia, Joan, Adam, Donadio etc., etc. negli archivi parrocchiali del ‘700 erano pressoché scomparsi. Cosa ne è rimasto della loro presenza qui a Sant’Andrea, o come in tante altre parti del mondo, se non noi, eredi di quei tanti ebrei che, per salvarsi la vita, vissero sotto mentite spoglie, abbracciando il cristianesimo, o altre religioni. Molte volte, però, quando si passeggia, inerpicandosi tra le antiche stradine che partendo dalla Piazza Umberto I, menano su verso l’antico borgo medievale, e soffermandosi ad ascoltare fermi su qualche scalino in certi momenti, specialmente a tarda sera, quando il silenzio è rotto da folate di vento che folleggiano tra i vicoli, ormai deserti, si riescono a distinguere fievoli voci, urla, grida, pianti, rumori di schioppi d’archibugio, strepitii d’armi, porte sbattute e vetri infranti, sferràglio degli zoccoli dei cavalli imbizzarriti, che si fanno sempre più stridenti e cupi quando si arriva al centro della spianata del quartiere della Cittadella, dove,quasi inglobata da antiche strutture, si erge un edificio a un piano con un’ampia apertura laterale che apre in Via Cittadella; l’antica chiesa evangelica, la ex Sinagoga, che in lingua Yiddish il termine è sul, che corrisponde all’usanza ebraico-italiana  di riferire alla sinagoga come “scola”e che si arrivava, appunto,  dalla via Sciulatura. Essa, si erge al centro della   spianata chiusa tutt’intorno da alte case attaccate le una alle altre: il Ghetto ebraico della Cittadella.

Sant’Andrea di Conza 20/06/2020 

   
   
     
     
     
     
     
     
   

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