Sant'Andrea di Conza 23 Marzo 2020.
Conza della Campania. A pochi mesi dalla rappresentazione storica dell’assedio di Annibale, è stato ritrovato l’ubicazione dell’accampamento. Andrea Ricciardiello
Dalle fonti letterarie di alcuni storici dell’antica Roma, con a capo Tito Livio, sappiamo che il condottiere Cartaginese, Annibale, nel 216 a.C., dopo avere distrutto l’esercito romano con una delle più grandi manovre tattiche della storia militare, e dopo aver percorso trionfalmente il campo di Canne si diresse verso Compsa a capo di un esercito di circa 350000 fanti, 11000 cavalieri, e con al seguito 10-15000 prigionieri di guerra, e migliaia di civili con masserizie e armenti. Prima che l’imponente esercito arrivasse in città, Annibale fu raggiunto da un ambasciatore mandato dal nobile di origine sannitico-irpino Statius Trebius, un aristocratico di una famiglia opposta a quella filo romana dei Mopsi, che gli proponeva la consegna della città senza spargimento di sangue. Annibale, quindi, dopo avere accettato e preso le redini di Compsa, e a distanza di qualche giorno, si diresse verso Neapolis per chiudere definitivamente i conti con Roma, lasciando il potere nelle mani del fratello Magone che, con i servizi logistici, e la preda di guerra, si accampò nei pressi della città, fuori le mura dell’antica arce sannitica. L’archeologo Johannowsky, sosteneva che l’arrivo di Annibale a Compsa fu dovuto alla presenza dell’arce: l’oppidum di Compsa, l’antica capitale degli Hirpini che, come scrisse Livio, era un importante centro fortificato, attraversato da un’importante e obbligata arteria stradale per chi, costeggiando il fiume Ofanto, doveva raggiungere le zone costiere e viceversa. Eppure, sono passati 22 secoli, ma tracce dell’accampamento, ciò nonostante ci siano state le ricerche di storici, ancora non sono stati ritrovati. Esso potrebbe essere ovunque, ma dove? Molti studiosi ritengono che il primo posto, dove cercare, sia l’antico centro urbano di Conza, altri, invece, dicono di no, altri pensano, addirittura, che Annibale non sia mai arrivato a Compsa e che sia tutto il frutto della fantasia di Tito Livio. Ma, a sfatare ogni dubbio circa la veridicità di Tito Livio sono stati alcuni ritrovamenti archeologici, che mi hanno dato l’occasione, qualche anno fa, per iniziare delle ricerche e trovare le possibili tracce di Annibale. In primis cito il rinvenimento, degno di nota, di una moneta romana in bronzo, avvenuto in località la Fonte a Sant’Andrea di Conza, ed esattamente un semisse, che si caratterizzava per la uelloQqqq particolarità della legenda in cui si legge il nome di un magistrato monetale (vedi fig. 1). Dall’età repubblicana questa figura era il responsabile della zecca e qui in questo caso aveva lo stesso gentilizio di chi aveva aperto le porte ad Annibale nel 216 a.C.: Treban,! Lo stesso gentilizio, fu ritrovato, inoltre, su una stele funeraria dedicata a Maximilla Trebiae, sita in località Pianelle, nei pressi di Sant’Andrea che mi accertarono senza dubbi, che Tito Livio è credibile. Il luogo dove Annibale si accampò, penso, che non poteva essere stato allestito in città, come sostengono alcuni, perché, come sosteneva sempre Johannowsky, oltre a essere tramandato nelle fonti storiche è confutato dalle ricerche archeologiche, che testimoniano che la città vera e propria era, in origine, comunque, di ridotte dimensioni e serviva da arce, anche se conteneva il foro, evidenziando la presenza di piccoli quartieri di abitazioni, che dovevano avere un’estensione limitata, dato lo spazio non eccessivo, mentre il grosso della popolazione viveva in ville o in vici nel territorio. Tutto ciò non consentiva di allestire un accampamento militare, in un’area urbana che, in caso di fuga, non solo costituiva un intralcio alle operazioni di evacuazione di migliaia di persone e animali, ma perché non era sufficiente a contenerli. Era impossibile, quindi! A tal proposito quindi decisi di fare delle ricerche che mi consentissero di individuare un luogo che avesse tutte le caratteristiche che ben si adattassero all’allestimento di un accampamento, che comprendesse un’ampia area pianeggiante, con i fianchi ben difesi, adatta per un quartiere generale, il nutrito gruppo di fanti e cavalieri, e inoltre, doveva dare accoglienza, riparo ricovero e assistenza a migliaia di animali e persone, alle loro masserizie, il tesoro ricavato dai ricchi bottini di guerra. Inoltre, doveva essere un luogo, che presentassero strutture murarie, vicino a una strada consolare ben ampia, che agevolasse la fuga in caso di pericolo, altrimenti non avrebbe avuto senso fermarsi. La strada consolare non è stata difficile individuarla, perché, a sud di Conza, da anni, è conosciuto un sito archeologico della necropoli monumentale romana di Compsa, la quale non poteva che situata se quello fosse il posto giusto nelle sue vicinanze. Una volta individuata l’area, per ogni sicurezza ed essere certo di non sbagliarmi, ampliai le ricerche, analizzando altre aree similari, che individuai attraverso lo studio di altri studiosi che mi hanno preceduto, o ancora, toponimi, foto satellitari, ricognizioni sul campo. Una volta analizzate tutte queste informazioni l’unico sito che soddisfaceva i requisiti soprascritti, è un pianoro sito nel territorio di Piano di Campo a Conza, in C. da Tortorino. L’area da me individuata, e, successivamente, indagata è un lungo pianoro travagliato, lungo quasi un chilometro, circoscritto da profondi valloni in cui scorrono, a dx, da chi arriva da Sant’Andrea, il torrente Arso, e il Lucido sulla sx. Quando si arriva sul posto, e partendo nei pressi della masseria Vallario, a pochi metri da essa, che si trova a sud, nella parte estrema della pianura, è presente un’area, dove fu individuato, anni fa, durante alcuni saggi di scavi, del materiale ceramico e struttivo, una coppetta con orlo introflesso e una brocchetta monoansata datate fra il IV e il II sec. a. C. (vedi fig. 2), che
testimoniano la presenza di una vasta fattoria romana del IV-II sec. a.C. con annessa necropoli, che andò in uso fino al V sec. d.C.. Procedendo verso nord per circa trecento metri si arriva al centro della vasta pianura, proprio dove si apre una profonda curvatura a dx, dove, dopo le operazioni di aratura, sul terreno, è possibile notare affioramenti di frammenti di ceramica, numerosi blocchetti calcarei di piccole e medie dimensioni, ciottoli fluviali, e resti di mura ricoperte di vegetazione, che gravitano attorno ad una collinetta, dove sulla cima s’intravede, tra una folta
vegetazione, la sagoma di una costruzione in abbandono, i cui resti poggiano su antiche mura a secco di acciottolati, da cui parte un spesso muro, visibile ancora oggi, che attraversa in larghezza tutta la pianura (vedi fig. 3). Qui, alcuni anni fa, inoltre, furono individuati un peso sferoidale e un frammento di ansa a nastro, appartenente a un’anfora da trasporto, che indica la presenza di una villa romana (vedi fig. 4). Proseguendo, verso nord, per altri duecento metri, prima, che la strada svolti, declinando a sx, e a qualche metro dal ciglio stradale, è possibile
notare cocci di ceramica, scarti di tegole, scaglie lapidee, in grande quantità, e che queste ultime indicano, oltre alla presenza di un asse viario, anche la presenza di tombe alla cappuccina, una fornace di laterizi, e una fattoria romana del IV-III sec. a.C.. I fianchi della collina presentano, invece, numerosi cumuli di pietrame inframmiste a frustuli di ceramica grezza e laterizi, e che si caratterizzano per la loro disposizione lineare a doppia fila e per un fronte lungo diverse centinaia di metri, che testimonierebbero o delle tombe a tumulo, quindi una necropoli, o i resti di quelli che erano le antiche mura che delimitavano il complesso insediativo, portate li dagli agricoltori durante le bonifiche dei campi. Ma, la scoperta più importante, direi eccezionale, è quella fatta analizzando il territorio attraverso delle foto satellitari, dove è stato possibile individuare strutture murarie sepolte, appartenenti a un complesso insediativo che si estende per centinaia di metri. Analizzando la pianta centrale si direbbe essere quella di un complesso termale da cui si entrava da un vano absidato, e da cui si accedeva nelle vasche di cui, quella più grande, doveva essere il frigidario, che presentava una vasca semicircolare sul lato minore a nord. Solo successive indagini, saggi di scavo potranno dare piena luce su cosa è sepolto a Piano di Campo. Il luogo, la datazione dei reperti e il ritrovamento di opere murarie sepolte indicano che il luogo è andato in uso a partire dal IV sec. a. C. e fino al V sec. d. C., e possiamo dire con certezza che il sito ha tutti i requisiti per ospitare l’accampamento di Annibale arrivato qui, per conquistare il mondo. A giugno, se per tale data il parco archeologico dovesse ancora essere inagibile, quale miglior posto di questo, ricco di fascino, mistero, storia, archeologia, potrebbe ospitare la rievocazione storica degli eventi che nel 216 a.C. portò di nuovo Annibale a Conza dopo 2236 anni.
Andrea Ricciardiello
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