Sant'Andrea di Conza 27 Maggio 2021.
All’attenzione del Sig.
Mario Draghi
Presidente del Consiglio dei
Ministri
Palazzo Colonna, 370 Roma
Oggetto: Segnalazione di probabili crimini
contro l’umanità.
Gentile
Signor Mario Draghi mi chiamo Andrea Ricciardiello e vivo a Sant’Andrea
di Conza in Irpinia, paese distante qualche chilometro da Monteverde, il
paese che ha dato i natali a vostra madre. Mi rivolgo a Lei affinché
ascolti le tanti voci dimenticate dai media e tocchi con mano quello che
da anni noi cittadini del Sud stiamo vivendo e sopportando; devastazione
ambientale, sociale, economica e culturale è dir poco. Ora quel che ora
vi chiediamo a gran voce di fermare questo degrado, che non si può
descrivere così in due parole, ma bisogni che Lei scenda da noi e si
accerti con i suoi occhi e tocchi con mano il perché del nostro
incommensurabile dolore. Un Dolore atroce insopportabile ogni volta che
vediamo devastare il nostro territorio da migliaia di aerogeneratori,
7000 circa per produrre il 6% lordo di energia elettrica. L’art. 9 della
Costituzione recita ”La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e
la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio
storico e artistico della Nazione. Il territorio dell’Alta valle
dell’Ofanto, uguale a tanti altri, che, partendo da quelli dei Comuni di
Lioni-Morra a ovest, ed estendendosi verso est fino a lambire quello di
Ruvo del Monte in Lucania, in estate, quando il sole alto nel cielo
illumina la vallata e i campi di grano, ormai maturi, si svela in tutta
la sua nudità e disinibita sensualità e tutto si svela agli occhi del
visitatore in tutte le sue forme di indicibile e incomparabile fascino e
bellezza che a cercare tra i migliori dipinti di Botticelli, Tiziano,
Leonardo sarà opera impossibile. Nella vallata, attraversata da sentieri
pieni di mirto, ginestre e vigne, ora trovi una strada scavata tra i
monti scoscesi, ora profondi e orridi precipizi, colline rotonde con
dolci pendii dove sono sparsi qua e la gruppi di bianche case coloniche,
borghi di millenaria memoria, dove tutte intorno le fanno da cornice le
centinaia di bianche eliche eoliche dal cuore nero come il petrolio da
cui sono costituite e che si riflettono nel lago artificiale dell’
invaso di Conza e che, quando il vento si fa più violento, increspando
le sue acque, si sciolgono tutte insieme nelle acque azzurro scuro. Qui,
durante questi giorni di sospensione forzata, mentre eravamo nascosti
nelle case, tra i vicoli dei borghi, alla quiete si alzavano mesti e
udendosi in lontananza lievi stridori di denti. Erano i dondoli,
abbandonati da mesi, ormai arrugginiti, sulle terrazze, o gli usci delle
imposte e i cancelli divelti che appesi e senza un’ombra di grasso,
venivano sbattute impietosamente dal vento. Ora, negli spazi aperti,
delle chiuse chiese, sotto i ballatoi, gli archi e ai campanili, sulle
scalinate o lungo le piazze e i largo cortile, tutti inverditi dalle
erbacce e ortiche, alte uno spanno, e questo già prima del lockdown,
troviamo colonie di gatti e qualche sperduto esule cinghiale, che
nascosti nella folta vegetazione, si puliscono i baffi e si affilano le
unghia e le zanne aspettando per mangiarci, mentre le antiche dimore dei
nobili sempre più silenziose, stanche di questo degrado, ci guardano,
aspettando che moriamo insieme a loro. Intanto, come ogni anno, i
giovani, che si affacciano in società, per la prima volta, si preparano
a cambiare il mondo. Fantasticano e immaginano come potrebbero essere
questi piccoli paesi se fossero loro a governare. Prima di tutto pensano
a come sarebbe bello far conoscere al mondo di cotanta bellezza sono
circondati. Per questo vorrebbero organizzare dei tour turistici per
girovagare per lungo e largo la vallata, percorrendo antichi sentieri di
grande suggestione, in cui alla bellezza dei luoghi si unirà il fascino
sempre vivo delle testimonianze della loro civiltà, così antica da
confidare con il mito, ma soprattutto per spiegare chi, in realtà, essi
siano, da dove provengono e dove vorrebbero andare. Come sarebbe
fantastico, dicono, far suonare orchestre e organizzare concerti negli
spiazzi del castello di Calitri, e lungo le sue infinite stradine, o
sulla ripa di Cairano e nei castelli di Morra, Monteverde, Bisaccia o
all’interno del parco archeologico di Conza, rimesso a lucido dopo che è
stato abbandonato da circa 20 anni, e il castello, la fontana
monumentale e i giardini pensili arcivescovili di Sant’Andrea di Conza.
Come sarebbe interessante farsi spazio tra la selva dei boschi di
Castiglione a Calitri e quello delle Tre Rose di Pescopagano, o per le
sale del museo archeologico di Bisaccia, di Morra, Conza e Sant’Angelo,
o ancora portare in giro le migliaia di turisti in luoghi mistici e
fiabeschi tra labirinti degni del Minotauro di Minosse, o farli
girovagare tra le distese di campi di grano o lungo gli interminabili
filari dei vigneti dove ogni volta a rovistar le zolle si trovano
reperti appartenuti a indigeni abitatori che qui si sfidarono in scontri
campali con i Romani, Cartaginesi e Irpini, Bizantini e Goti, Normanni e
Angioini, o nei laboratori artigianali dove si producono oggetti di
ceramica, di pietra, di ferro battuto, finemente cesellati, o filati
pregiati sorti grazie ai fondi destinati ai tanti giovani che sono
voluti rimanere qui nella propria terra e che loro li hanno sostenuto e
supportato. Pensate, come sarebbe emozionante, continuano, discorrere
mentre visitiamo i resti del foro romano di Compsa con l’imperatore
Costantino, o mentre visitiamo con De Sanctis a Morra la sua casa, o
mentre entriamo in antichi palazzi visitando gli splendidi appartamenti
privati dei centri storici; che bello spettacolo ci faremmo. Inoltre, se
sarebbero loro a governare, aprirebbero, ai visitatori, dopo anni di
abbandono, le numerose e splendide chiese, e poi i borghi che, ad
aprirli, il personale non basterebbe. Alla riapertura, per l’occasione
di concerto con tutti i sindaci saranno invitati il Presidente del
Consiglio Draghi, il Governatore De Luca e dei suoi assessori, che si
sono prodigati affinché tutto questo avvenisse. Che gioia proveremmo se
nei vicoli tutti i ragazzi del mondo ballerebbero e canterebbero sulle
musiche di Battisti e di John Lennon, o sulle note di Mozart, Verdi,
Schubert e l’Inno alla gioia di Ludwig Van Beethoven, per tutto il
giorno e ricostruire partendo da zero l’Alta Irpinia, l’Italia,
attraverso una nuova visione del mondo, cambiando modo di vivere,
vestirsi di nuovi abiti, parlando un linguaggio nuovo, più comprensibile,
e inventando nuovi colori, nuovi sapori. Ora, questi giovani, animati di
buona volontà, però, intossicati di diavolerie elettroniche e troppa
cultura annacquata, come loro sostengono, i loro progetti, le loro idee,
si scontrano con le vecchie generazioni, che reclamano a gran voce il
fatto che a loro tutto sia dovuto, semplicemente perché loro hanno fatto
la rivoluzione, combattendo una “finta” guerra, tra i comunisti,
mangiabambini, democristiani e gli ottimisti dall’aria vagamente
socialista e che abitavano nei borghi in edifici d’architettura fascista
che avevano finestre, logge e terrazze che si affacciavano su cortili,
sulle piazze, dove da ragazzi, giocavano spensierati e dove, ora,
nascono e la fanno da padrone erbacce, broccoli, insalate, friarielli,
cicoria selvatica, cespugli e rovi. Il problema è che questi spiriti del
passato non ascoltano nessuno, neppure i giovani che, dopo un po’, vanno
via, soprattutto dopo che hanno sperimentato quanto sia difficile e
lungo accedere ai fondi europei e regionali, che come dicono e ripetono
spesso, che sarebbe più semplice ed equa, come vuole la Costituzione,
darli direttamente ai comuni invece di inseguirli facendo sempre
un’inutile e lunga trafila burocratica? Non, ovviamente e quindi, un
destino, ma l’effetto di politiche ai loro danni, altrimenti
continueremmo a far finta. Nei 20 anni precedenti, al Sud, la perdita
netta di giovani ammonta a 1milione di residenti. La Basilicata con 1400
aerogeneratori, il numero più alto numero d’Italia è diventata la
Regione più povera d’Italia con un tasso di disoccupazione al 40%. Anche
i tanti imprenditori venuti per investire vanno via, perché, come dice
uno di loro Davide M., mancano le persone qualificate che andrebbero
formati, cosa che potrebbero fare chi percepisce il reddito di
cittadinanza, che lui lo trasformerebbe in reddito di apprendimento.
L’Irpinia, terra selvaggia, uguale a tante altre, che è stata per
millenni, venerata e santificata, si è trascinata per secoli, in
silenzio, facendosi strada con l’avallo di maschi mediocri, a volte,
invece, comportandosi come una lavatrice di panni, ha messo in riga
mezzecalzette e viceré. Ora, questa è la terra dove governanti degni di
questo nome sono unici che rari, dove i contadini sono diventati operai,
pidiellini, poi leghisti e cinquestellati in una terra divenuta
marginale, dove i Comuni, la Provincia, i sindacati e gli altri enti
pensano in proprio, dove tendono a nascondere la questione meridionale,
o a darla per risolta, come si trattasse di una vergogna (quale
effettivamente è) e far finta che tutto vada bene. Dall’altra parte,
intanto, i tanti edifici pubblici, abbandonati, dopo avere speso milioni
per restaurarli, tra cui ex sontuose dimore, mangiate dalla muffa,
vengono regalate a un euro per combattere lo spopolamento e dove negli
uffici ci troviamo persone che non sanno rispondere a una e-mail. Questa
è la terra dove altri dicono, sempre, che ha bisogno di fondi per uscire
dall’arretratezza, che fa rima con amarezza, perché arrivati e spesi
tutti i soldi, resta il sospetto di essere stati di nuovo presi in giro
per l’ennesima volta e resta tutto come prima ad eccezione che ogni
volta dobbiamo ripulire le macerie, lasciateci in eredità. Di questo ce
lo ricordano quelle lasciateci dopo la riforma agraria e dalla
industrializzazione degli anni ’50, dei capannoni abbandonati della 219
degli anni ’80, o come, fra qualche anno, i resti di migliaia d’impianti
eolici e solari che noi li chiamiamo selvaggi perché vengono montati
senza rispettare niente e nessuno vicino a case e strade e centri urbani
nonostante gli innumerevoli incidenti che nessuno vede e denuncia.
Incidenti per “ora” hanno provocato solo dei feriti. Vere e proprio
violenze ed abusi contro popoli del Sud che stanno suscitando generale
riprovazione. Questa, l’Irpinia, era la terra più verde d’Italia che
aveva distese di campi di grano, di uliveti, vigneti, giardini pensili e
lussureggianti boschi montani da dove, in quest’ultimi, si nascondevano
i lupi che d’inverno scendevano a valle, ma, che ora, sono stati
sostituiti da migliaia di famelici e incontrollabili cinghiali che
stanno distruggendo e divorando tutto; compreso i nuovi lupi. I milioni
di euro di danni, i feriti e i morti sulle strade, che stanno provocando
ogni anno, questi temuti ungulati non fanno più notizia e loro
continuano a riprodursi; ormai sono milioni. Ora a malapena quattro
strepponi nei vasi sui balconi, perché il pianeta sta morendo, è malato,
ripetono da 40 anni, e quindi bisognava e bisogna ancora far arricchire
sempre gli stessi. Si doveva tutelare l’ambiente, l’ecosistema e quindi
si sono impiantati centinaia d’impianti eolici e solari, elettrodotti e
sottostazioni elettriche, per produrre energia “pulita”, e cementificare
ogni angolo, ogni cupa, ogni cava, disboscare colline, e terreni
coltivati, e per finanziarli, bisognava chiudere gli ospedali, lasciare
marcire i beni culturali e del paesaggio, e come ha posto l’accento, la
Corte dei Conti, non si doveva e non si poteva fare. Per questo verso è
stata contaminata e violentata la stessa natura e civiltà delle molte
popolazioni del Sud, che stanno perdendo la loro identità, le proprie
radici; veri e propri crimini contro l’umanità. Ora, l’Irpinia, e il Sud,
per questo è la terra dove vive gente che è frastornata, delusa dallo
Stato, dalle istituzioni, che regalano miliardi alle lobby che producono
l’ energia elettrica che poteva fare lo Stato, dove vive gente che non
ha il denaro per fare la spesa, non ha lavoro, campa alla giornata, e a
volte chiedono l’elemosina. Ora è la terra dove vivono persone che non
hanno soldi per pagare il condominio, le medicine, il cibo e chiedono
aiuto ai pensionati genitori o campano con il reddito di cittadinanza.
Molti hanno i figli sposati, laureati e senza lavoro, dove a portare
avanti le famiglie sono di più le donne, perché gli uomini delle partite
IVA, dopo avere perso tutto a causa dello stato esoso, si deprimono e
stanno in casa. Questa è la terra dove fa impresa chi aveva già i soldi,
dove molti hanno paura del mondo e della propria ombra, dove stanno a
casa a fumare, mangiare ed avere attacchi di panico. Questa è la terra
di anziani salvati dalle badanti perché i figli e lo Stato assenti
lavorano all’estero, che per questo hanno deciso che i giovani possono
anche morire, l’importante è che continuino a fare il giro a scopa e a
bersi l’aperitivo la domenica mattina. Allora, Vi chiedono i ragazzi,
perché restare qui, dove si ha la sensazione che più fai e più dai
fastidio che per sopravvivere devi stare in mezzo a finte alleanze,
finti salotti, finti amici, dove qui muoiono i centri per la cultura e
per il sociale, le biblioteche, e gli archivi storici, muoiono i
filosofi, i poeti, fisici, matematici e dottori? Perché restare qui,
dove i Figli illustri e famosi, come Voi, vengono premiati in tutto il
mondo tranne che da noi? Perché, restare qui, in questa terra che vomita,
in giro, i suoi figli migliori, dove a regnare in luoghi comuni, sono
l’abbandono, la trascuratezza, il campanilismo, dove alcuni politici si
credono madonne o calciatori da venerare? La risposta a ciò, come molto
spesso vanno ripetendo, i giovani, è “perché, qui, ogni volta che
qualcuno ci si affaccia da un balcone, da una finestra, o da una
terrazza che si protende sulla vallata, specialmente in un pomeriggio di
una tarda primavera o in piena estate, quando le sfumature del sole al
tramonto ti inebriano all’imbrunire, respirando forte l’aria a pieni
polmoni si sente il profumo unico del Mediterraneo, del mondo. Restiamo
qui perché non ci vergogniamo di quello che siamo; tutta gente laboriosa,
onesta, umile e con un grande pregio o un grande difetto, a secondo dei
punti di vista: ci siamo fidati e ci fidiamo ancora oggi, sempre di
tutti e tutto”. E voi gentile Presidente, Vi chiediamo, perché noi
dovremmo restare ancora qui? Io, scrittori, imprenditori, gente comune e
i tanti giovani e meno giovani del Sud e del Nord, che mi hanno
indirizzato i loro pensieri dei quali ho girato alla Vostra
illustrissima persona, sperando che Voi possiate farne tesoro, va tutta
la nostra indiscutibile fiducia e vi auguriamo un buon e proficuo lavoro.
Andrea Ricciardiello
Sant’Andrea di Conza
27/05/2021
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