Lacedonia, i 50 anni di sacerdozio di don Sabino Lacedonia – Don
Sabino Scolamiero nasce a Sant’Andrea di Conza il 12 di febbraio del
1939. Già nel corso della sua infanzia matura il proposito di
consacrarsi a Dio, proponimento che troverà compimento nei lunghi studi
da seminarista e nella consacrazione sacerdotale, ricevuta nel suo paese
natale il 29 di giugno del 1963, esattamente cinque decenni or sono. Il
suo primo incarico è abbastanza delicato. È infatti chiamato a
sostituire, pur per un breve periodo, la figura carismatica di Don Leone
Iorio, il celebre esorcista, alla guida della parrocchia di Cairano.
Caso vuole che proprio in quell’anno il piccolo comune dell’Alta Irpinia
sia il set del celebre film neorealista “La Donnaccia”, diretto da
Silvio Siano ed interpretato da Dominique Boschero. Anche Don Sabino
diventa
dunque
comparsa del film, ad interpretare se stesso, come moltissimi dei
paesani, in perfetto stile neorealista. E in quei frangenti matura e si
rafforza la sua amicizia con il celebre coreografo del film, Leo
Coleman, di credo protestante. Tra i due nuovi amici nascono
interminabili discussioni teologiche, in una sorta di catechesi che
troverà compimento con la conversione del Coleman al cattolicesimo, il
quale chiese, quindi, di essere battezzato, la qual cosa avvenne, “sub
conditione, ad opera dell’Arcivescovo coevo della Diocesi di Conza, S.
Angelo, Bisaccia, S. E. Gastone Mojaisky Perrelli, il quale gli impartì
anche comunione e cresima. Giunta al termine la breve esperienza
cairanese, il giovane don Sabino approda a Lacedonia, nel cui Seminario
Vescovile, all’epoca molto frequentato, è chiamato alla cura spirituale
dei giovani. Dopo un anno viene trasferito nella sua Sant’Andrea, del
cui seminario diviene economo e nel quale esercita il ruolo di docente.
Tale esperienza durerà soltanto un biennio, perché nell’ottobre del 1966
egli viene nominato parroco a san Nicola Baronia, incarico che manterrà
per ben trentaquattro anni, fino al novembre del 2000, lasciando, in
grazia della lunghissima permanenza, una profonda traccia nel tessuto e
nel ricordo sociale di tale comunità. Quindi è chiamato a reggere, per
tre anni, una parrocchia di Grottaminarda e dal 2003 entrambe le
parrocchie di Lacedonia. Dotato di grandissima umanità, don Sabino è il
classico sacerdote che non si risparmia per nulla. La sua disponibilità,
anzi, lo conduce a sovraccarichi di attività non comuni. È uno di quei
sacerdoti che non si cura affatto di se stesso o dei propri interessi,
perché la sua preoccupazione predominante è la cura delle anime: non c’è
ammalato che non riceva le sue visite, che non lo veda al suo capezzale.
La sua porta si apre a chiunque vi bussi. È di spirito estremamente
caritatevole e non c’è povero che non goda della sua assistenza, per
quanto tali opere siamo nascoste agli occhi della gente, perché mai don
Sabino le divulgherebbe. È un sacerdote che ama stare tra la gente e non
è affatto raro vederlo fermarsi a discutere soprattutto con i giovani,
consapevole del fatto che la missione pastorale, ai nostri giorni, non
si compie soltanto tra le mura del Tempio, ma anche e soprattutto al di
fuori di esse, al fine di riportare nel Tempio molti credenti tiepidi o,
come suole dirsi, “poco praticanti”. Infatti non manca mai ad incontri e
dibattiti organizzati dalla società civile, onde portarvi anche la voce
della Chiesa, sempre in maniera pacata e rispettosa delle diversità
culturali. Sotto la sua guida, Lacedonia ha visto, in questi anni, la
presenza in loco di figure carismatiche come quella di don Oreste Benzi
o del missionario padre Jhon Fenzi, martire della fede in Darfur. -

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