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L’autore di questa poesia è Salvatore Perriello,
che ci scrive dal cuore spezzato di una
residenza per anziani, un luogo che lui, con occhi
lucidi e mente tagliente, chiama prigione dell’anima.
Giovane nello spirito, nel pieno della sua lucidità
mentale, Salvatore si definisce un “giovane anziano” e,
con la sua penna intrisa di verità e dolore, squarcia il
velo sul mondo delle RSA. Nei suoi versi, ci conduce in
un abisso di profonda tristezza, dove la vita si spegne
lentamente, senza spiragli di redenzione. Non vede
miglioramenti, non trova luce: solo il peso di
un’esistenza rubata, di affetti strappati e di giorni
che si consumano in un silenzio soffocante. Per chi vive
a Sant’Andrea, il paese natio di Salvatore, l’idea che
un vecchietto possa finire i suoi giorni in una RSA è
inconcepibile, un tradimento del calore umano, dei
vicoli vivi e delle piazze che custodiscono le storie di
una comunità unita. La sua voce è un grido straziante,
un lamento che scuote le coscienze, ma anche una
testimonianza potente, che ci costringe a guardare negli
occhi la realtà di chi vive dimenticato, intrappolato in
un sistema che spegne i cuori anziché accenderli.
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RSA
RESIDENZA SENZA ANIMA Carcere di ombre, ospizio di lacrime, albergo di cuori spezzati. “Nuoce alla salute!” – un ghigno crudele, un brindisi che sa di cenere. Non ti cura, ti stritola. Ti ferisce l’anima, ti intristisce gli occhi, ti divora i ricordi. Ti spegne, ti annulla, ti trascina verso l’abisso della morte. Oh, amara, spietata verità! Altro che mani gentili sulle ossa stanche! È un’angoscia che soffoca, un supplizio che morde il cuore. Non c’è scampo, non c’è luce. L’aria è un vuoto che strangola. Dove sono gli affetti? Dove i vicini, le voci, i vicoli tortuosi, le piazze vive del tuo paesello, rubato con ferocia? Ti hanno strappato la terra sotto i piedi, il calore di un sorriso, il battito di un abbraccio. C’è solo un contratto, scritto col sangue e l’inferno: le anime pure dei nostri vecchietti diventano statue di gelo, esposte in un museo irpino, dimenticate, sole, perdute. Non più il gusto di un bicchiere di vino, la carezza di un giardino al tramonto, il calore di un vicino, un bacio affettuoso, un cuoricino vivo. Solo un cuscino, freddo e muto, che ti culla, sera e mattino, verso un destino di ombre. Una lenta, straziante agonia. Povero vecchietto irpino, il tuo cuore piange in silenzio! |
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