Sant'Andrea di Conza 19 Giugno 2025.
L’autore di questa poesia è Salvatore Perriello, che ci scrive dal cuore spezzato di una residenza per anziani, un luogo che lui, con occhi lucidi e mente tagliente, chiama prigione dell’anima. Giovane nello spirito, nel pieno della sua lucidità mentale, Salvatore si definisce un “giovane anziano” e, con la sua penna intrisa di verità e dolore, squarcia il velo sul mondo delle RSA. Nei suoi versi, ci conduce in un abisso di profonda tristezza, dove la vita si spegne lentamente, senza spiragli di redenzione. Non vede miglioramenti, non trova luce: solo il peso di un’esistenza rubata, di affetti strappati e di giorni che si consumano in un silenzio soffocante. Per chi vive a Sant’Andrea, il paese natio di Salvatore, l’idea che un vecchietto possa finire i suoi giorni in una RSA è inconcepibile, un tradimento del calore umano, dei vicoli vivi e delle piazze che custodiscono le storie di una comunità unita. La sua voce è un grido straziante, un lamento che scuote le coscienze, ma anche una testimonianza potente, che ci costringe a guardare negli occhi la realtà di chi vive dimenticato, intrappolato in un sistema che spegne i cuori anziché accenderli.
RSA
RESIDENZA SENZA ANIMA
Carcere di ombre,
ospizio di lacrime,
albergo di cuori spezzati.
“Nuoce alla salute!” – un ghigno crudele,
un brindisi che sa di cenere.
Non ti cura, ti stritola.

Ti ferisce l’anima,
ti intristisce gli occhi,
ti divora i ricordi.
Ti spegne, ti annulla,
ti trascina verso l’abisso della morte.
Oh, amara, spietata verità!
Altro che mani gentili sulle ossa stanche!

È un’angoscia che soffoca,
un supplizio che morde il cuore.
Non c’è scampo, non c’è luce.
L’aria è un vuoto che strangola.
Dove sono gli affetti?

Dove i vicini, le voci,
i vicoli tortuosi, le piazze vive
del tuo paesello, rubato con ferocia?
Ti hanno strappato la terra sotto i piedi,
il calore di un sorriso, il battito di un abbraccio.
C’è solo un contratto,

scritto col sangue e l’inferno:
le anime pure dei nostri vecchietti
diventano statue di gelo,
esposte in un museo irpino,
dimenticate, sole, perdute.
Non più il gusto di un bicchiere di vino,

la carezza di un giardino al tramonto,
il calore di un vicino,
un bacio affettuoso, un cuoricino vivo.
Solo un cuscino, freddo e muto,
che ti culla, sera e mattino,
verso un destino di ombre.
Una lenta, straziante agonia.
Povero vecchietto irpino,
il tuo cuore piange in silenzio!
 
     
     
     
     
     
     
     
     

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